LE STORIE DI NOI FIGLI DI GENITORI
CON UN DISTURBO MENTALE
Storie di Figli di Genitori con Disturbo Mentale. Cosa può voler dire avere una mamma o un papà affetti da un disturbo psichico? Quali aspetti della vita ne vengono influenzati? Il problema è soltanto la malattia o anche tutto il resto? Ce lo raccontano con le loro parole figli che, come noi, hanno voluto condividere le loro storie e, spinti dallo stesso desiderio di cambiamento postivo, ci hanno dato il permesso di pubblicarle, rispettando la loro privacy.
Ogni storia, come vedrete, è a sé. Perché ogni famiglia ha un vissuto diverso. Cambiano le patologie psichiatriche di cui soffrono i genitori. Alcuni sono stati diagnosticati e sono in cura, altri non hanno mai avuto una diagnosi e non accettano la propria malattia. Talvolta entrambi i genitori sono ammalati, talvolta lo è soltanto uno dei due.
Alcune storie hanno un happy ending, altre purtroppo no. Alcuni figli hanno conosciuto il genitore quando non era ancora ammalato, altri sono nati quando il disturbo era già presente. Alcuni hanno convissuto con il genitore, altri hanno vissuto con altri familiari oppure in affido. Alcuni hanno provato soltanto dolore e, nei casi più gravi, anche abusi, altri hanno ricevuto, nonostante tutto, anche amore ed esperienze positive. Mille sfumature differenti, per conoscere un punto di vista che troppo spesso non è rappresentato. A causa della minore età, dello stigma, del tabù.
Raccontare per rispecchiarsi e risalire dal fondo. Per comprendere e accogliere senza giudicare, non per compiangersi o essere compatiti, ma per rinascere ancora più forti. Testimoniare perché qualcosa cambi. Per promuovere il benessere dei tanti bambini, ragazzi, giovani adulti e adulti che, nel mondo, sono accomunati dall’avere un genitore o entrambi affetti da un disturbo mentale.
COMIP è un desiderio che si avvera. È l’angelo custode di tutti quei bambini che sono soli al mondo proprio come lo ero io. Ed è doveroso che io usi la mia esperienza per sensibilizzare le persone, per eliminare lo stigma, per aiutare questi bambini.
Avevo 8 anni quando a mia mamma è stata diagnosticata la schizofrenia. La sua malattia e un ambiente familiare/scolastico/sociale inadeguato a far fronte ai miei bisogni, hanno inevitabilmente influenzato la mia crescita. Non ho realizzato di avere avuto un’infanzia ‘speciale’ fino a 21 anni. Sono entrata nello studio di uno psicologo perché avevo problemi all’università e ansia da prestazione all’esame, in quel momento si è aperto il mio vaso di Pandora. È iniziato il mio personale percorso di accettazione e miglioramento.
Tante volte mi sono chiesta perché io, che cosa avessi fatto per meritare un’infanzia così. Tuttavia, so che sono stata più fortunata di molti perché mia mamma – nella sua malattia – sta molto meglio di tanti altri pazienti psichiatrici e perché ho due genitori che – a modo loro – mi sono stati accanto e mi hanno dato la possibilità di inseguire i miei sogni. E poi sono fortunata perché sono consapevole del fatto che tutto quello che ho affrontato mi ha insegnato tantissimo. Se non avessi sofferto così tanto sarei sicuramente una persona diversa e – anche se ogni tanto ho ancora qualche
fantasmino che mi viene a cercare e mi fa piangere come una bambina – sono orgogliosa di quello che sono diventata. Come dico sempre: io sono sopravvissuta. Ma per sopravvivere ci vuole forza, impegno, tanta fortuna e qualche angelo custode. Perché, ahimè, spesso la nostra battaglia è solo nostra. Io, purtroppo e per fortuna, sono una persona che da sé stessa pretende tanto, fin troppo, e questa cosa mi ha salvato perché fa in modo che io mi metta in discussione sempre e cerchi di migliorarmi quotidianamente. Ma io sono così e mi ritengo una miracolata.
Quando ero bambina gli adulti, insegnanti compresi, mi dicevano che mia mamma si era ammalata per colpa mia, che ero una bambina cattiva e quindi mia mamma si era ammalata perché io la facevo disperare. I BAMBINI all’oratorio mi dicevano che i loro genitori dicevano che casa mia era la CASA DEI FANTASMI. Questa è ignoranza, ed è una grandissima ingiustizia. Spesso le ingiustizie uccidono. Queste cose non devono accadere.
Spesso rifletto, guardo il mio passato, e penso a come sia facile per un figlio ‘del disagio’ rimanere nel disagio. Ho sempre vissuto questa cosa come una grande ingiustizia. Nessuno di noi sceglie dove e da chi nascere. I nostri genitori ce li ritroviamo, difetti e malattie annessi. Noi possiamo scegliere di cambiare e migliorare la nostra vita, se siamo in grado, se ne abbiamo la forza. Non credo che tutti ne abbiamo la forza. Io ho il dovere di dare il mio piccolo contributo affinché tutto ciò non accada più. Ho fatto tanto volontariato nella mia vita ma COMIP è un bacio alla mia parte bambina, è un sogno che si avvera.
della nostra storia
e nel frattempo
amare noi stessi
è la cosa più coraggiosa
che possiamo fare.
Ogni storia è preziosa
Alcune, fra quelle che riceveremo, saranno pubblicate in questa sezione del sito. Ma solo se ci autorizzerete. E sotto pseudonimo, per tutelare la privacy.
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